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venerdì 15 novembre 2024

RACCOLTE & PAESAGGI — il Blog di Marco Celati

Marco Celati

MARCO CELATI vive e lavora in Valdera. Ama scrivere e dipingere e si definisce così: “Non sono un poeta, ma solo uno che scrive poesie. Non sono nemmeno uno scrittore, ma solo uno che scrive”.

Dal balcone

di Marco Celati - martedì 21 giugno 2022 ore 08:00

Sto sul balcone di notte per sfuggire al caldo umido che opprime i palazzi. Cerco ristoro, aria, respiro, refrigerio. Invoco un refolo di vento. La luna piena ed un lampione rischiarano la scena. Senza stelle appare il cielo. Alcuni terrazzi portano appese le bandiere multicolori della pace. Giungono voci, rumori di fondo: è il quartiere, la città, la vita che si svolge quotidiana. E il tentativo di prolungarla oltre il giorno, oltre la notte e il sonno. Vivi, mi dico, ama. Accompagna l’esistenza dei tuoi cari. Dai alle cose un nome e una sostanza. Sogna, cambia se puoi, se è lecito ancora. Vorrei dirti che sì, che il tempo non pone ostacoli ad esistere e forse nemmeno esiste. Ma so, lo sai, che non è vero. È solo giusto sostenerne il corso.

Una società più giusta, a misura d’uomo, ci vuol tempo. È difficile. Come disse “Fiammiferino”, un operaio della Pistoni, piccolo e minuto, a “Carlino”, operaione alto e grosso della Piaggio: “O Carlino, se, per fa’ una società a misura d’omo, pigliano le misure a te e a me, stanno lustri!”.

Le urla del vicino arrivano sgradite, bestemmie rivolte al mondo più che a dio: no, non mangio, non dormo, non la prendo la pasticca! E pigliate sta pastiglia, siente a me, verrebbe voglia di rispondere, altrettanto scortesi. Na perziana ca sbatte, nu lampione ca luce e stu ’mbriaco ca dice: ’a tre mise nun dormo cchiù e st’ammore vurría scurdá, gente, diciteme, comm’aggi’’a fá? E dint’’o scuro na gatta, mastecanno na sarda, doce doce te guarda, miagola e fa: siente a me, vatte a cuccá! Ma t’ho detto che non la prendo la pasticca, dio qui, madonna là! Sì, vabbè, vatte a cuccá.

Alle porte del palazzo abbiamo trovato appeso questo messaggio rivolto a tutti condomini. “Segnalo un cattivo gesto di vandalismo avanzato sullo specchietto della mia auto Fiat Panda parcheggiata nel mio posto auto, verificatosi nella nottata di sabato. Da una verifica approfondita è emerso che questo sia stato barbaramente strappato a mano, e non rotto a causa di un urto accidentale. Un gesto del genere credo sia veramente vergognoso e poco civile, dove mi auguro non possa mai più accadere, soprattutto per non creare terreno fertile ad altri atti, ai quali non ne usciremo più, ma anzi nel ripetersi, creeranno disordine e malcontenti a livello condominiale. Mi piacerebbe conoscere la persona e la motivazione che ha portato colui a compiere a tale gesto. Vergognati!”. Nell’unirmi all’esecrazione del barbaro gesto avanzato sullo specchietto, a mia volta vorrei avanzare un sospetto, segnalare un indizio: sarà mica stato il suo insegnante d’italiano? Comunque io non sono stato “colui”: possiedo una coscienza e una Panda anch’io.

Nelle recenti elezioni amministrative, in un paese dei dintorni, un ex sindaco PD si è auto candidato alla testa di una lista civica, dando sponda alla destra. Un commento in rete. “Semplicemente non comprendo la sua scelta di alleanze con Fratelli d’Italia e Lega. Non sono un politico, ho fatto il medico per quarant’anni, ma non riesco a giustificare il suo comportamento. Scusate, ma per me è così”. Una mancata risposta.“E figurati se lo giustifichiamo noi, che per oltre quarant’anni abbiamo fatto i pazienti!”.

A sera vibra il cellulare, è mia sorella: all’ospedale è morto lo zio Luciano. Il fratello di nostra madre. Non sapevo nemmeno che fosse ricoverato. È all’obitorio, alle sette chiude. Domattina lo portano a Livorno perché voleva essere cremato. Mia sorella sta fuori città, lontano, una casa in collina, non ce la fa. Te puoi andare? Chiamo la compagna, a cena ci invitavano gli zii, Luciano e Anita. Lo zio cucinava bene e ci serviva tutta roba dell’orto. Nella camera mortuaria stava esposto, sembrava in pace con i suoi novant’anni e coda, ma le figlie mi hanno detto che aveva sofferto e combattuto, lucido, nonostante le cure palliative. La vita è la vita e, quando può, non si arrende alla morte. Le mie cugine, era tanto che non ci si vedeva o ci si salutava. Elena, Silvia. La maggiore, la Paola, sta di casa in un’altra regione. I rapporti tendono a perdersi, la mia mamma morì giovane, più di cinquant’anni fa. E io non sono una persona socievole. È venuta anche la cugina di Firenze, Luciana, figlia del fratello, lo zio Osvaldo, da tempo defunto. Sono stato in casa da loro, studente di architettura. La Paola ha detto, è finita un’epoca. È vero. I miei zii scomparsi erano di origine contadina, divenuti in città operai della Piaggio. Comunisti e interisti. Le passioni sono passioni. Osvaldo dopo lo scioperone si licenziò, rilevò il bar del suocero a Firenze, dietro Piazza Signoria e lì ha vissuto e lavorato. Lavorato e vissuto. Ogni giorno, presto la mattina e tardi la sera. Luciano dopo la Piaggio faceva altri due lavori, in una fonderia dell’indotto e, i giorni di festa, il cameriere in un ristorante della zona. Senza dimenticare la cura dell’orto. Operaio, si è costruito la casa e ne ha dato alle figlie. Prima dei miei zii ho sempre pensato che il lavoro non esistesse, era occupazione, impiego, il posto. Il lavoro, come voglia di lavorare duro, l’hanno inventato loro. Avevano i loro ticchi, i loro vizi, come tutti, ma erano attaccati alla terra, solidi nella vita e nei sogni. Noi, generazioni successive, anche lo zio Giuliano, il fratello più piccolo, siamo tutti più fragili. È finita un’epoca.

Tutto cambia e si trasforma. Al posto del vecchio Stadio Marconcini ci sono questi palazzi e nella palestra pugilistica, dove il grande Mazzinghi ha incrociato i guantoni, ci sono i Testimoni di Geova. In giacca e cravatta, a coppia, visitano le case. «Di Genova?» disse la nonna del Fiumalbi «o che ci girate da queste parti?». Certe sere cantano i loro inni, poi sciamano via parlando, famiglie, gruppi. Non sono cristiani, ma non necessariamente antipatici. Però non li capisco. Divinano da molti anni la fine del mondo e non festeggiano nemmeno i compleanni, che alla mia età andrebbe anche bene, ma da bambini! Soprattutto applicano in maniera integrale un qualche dettato della Bibbia. Ce ne sono di questi integralisti e assolutisti a far danni nel mondo. Non mescolerai il sangue. Perciò rifiutano le trasfusioni fino alla morte, la morte compresa. Precetto che impongono anche ai figli. Fanatici! Nessun dio che si rispetti pretenderebbe tanto. Quando fu di Abramo e Isacco -o Ismaele-, che accomunano cristiani e musulmani, alla fine fece finta. Ed era quello più cattivo, del Vecchio Testamento. Era solo un test.

La notte si è inoltrata parecchio. I vicini si sono ritirati. Nei palazzi popolarissimi qualche finestra resta accesa a punteggiare l’oscurità, come un richiamo, una malinconia. Ci sono notti così. Mi è sembrato di vedere gli zii, una generazione, un’epoca, andarsene nel buio, attraversarlo. Poi sono passati i senegalesi, allegri e chiassosi, e i ragazzi di ritorno da ballare e sballare. In silenzio le persone sole, che si perdono, chi qua, chi là. E tutti noi che attraversiamo la notte.

Marco Celati

Pontedera, Giugno 2022

“Pigliate na pastiglia”, 1957, Renato Carosone

https://youtu.be/Q_kIc34aZ2Y

Marco Celati

Articoli dal Blog “Raccolte & Paesaggi” di Marco Celati