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RACCOLTE & PAESAGGI — il Blog di Marco Celati

Marco Celati

MARCO CELATI vive e lavora in Valdera. Ama scrivere e dipingere e si definisce così: “Non sono un poeta, ma solo uno che scrive poesie. Non sono nemmeno uno scrittore, ma solo uno che scrive”.

Il gorgo

di Marco Celati - domenica 29 gennaio 2017 ore 09:30

I cani sono inquieti stanotte. Latrano, abbaiano, sembra si chiamino tra le case del paese. Forse sentono la bestia o presagiscono qualcosa. Terremoti, cataclismi? È la notte della Taranta. Che siano appassionati di folklore? Il sonno tarda a venire. Mi aggiro per casa come un fantasma: la vecchiaia è il fantasma della gioventù. Un fantasma reale e dolente, come il quadro che dipinsi per mia madre, che però non ebbe vecchiaia. A me questo dono invece è toccato. Senesco, senesco: se n'esco!

"Verrà la morte e avrà i tuoi occhi". Una volta, una ragazza, girandosi nel letto mi affibbiò una tremenda ginocchiata nel basso ventre da lasciarmi senza fiato, e io parafrasai il verso con "verrà la morte e avrà i tuoi ginocchi". Ma questo è perché sono ottimista, spiritoso e vanesio. I ginocchi della ragazza non erano così male, anzi! Era solo un tantino sverzatella. Eravamo giovani e i giovani si amano.

"Que reste-t-il de nos amours/ Que reste-t-il de ces beaux jours/ Une photo, vieille photo/ De ma jeunesse...", cantava Charles Trenet in una canzone indimenticabile, dolce come la terra e la lingua di Francia. Solo una lingua può tradurre al femminile mare, come madre. Ma che cosa resta, alla fine? "O cara speranza,/ quel giorno sapremo anche noi/ che sei la vita e sei il nulla./ Per tutti la morte ha uno sguardo./ Verrà la morte e avrà i tuoi occhi./...Scenderemo nel gorgo muti." Ancora Pavese. L'insonnia fa brutti scherzi, è quasi "un vizio assurdo".

Il gorgo, il maelstrom, il nome nordico dei gorghi marini che nella fantasia e nella letteratura trascinano in fondo anche le grandi navi. Omero, "Odissea", Scilla e Cariddi. Giulio Verne, il Nautilus in "Ventimila leghe sotto i mari". Edgar Alan Poe, "Una discesa nel Maelström". Emilio Salgari, nel romanzo "Verso l'Artide con la Stella Polare". Molti parlano di questi terribili gorghi. Anche nel cinema: il maelstrom appare in dimensioni apocalittiche, nella sequenza della battaglia finale del film "Pirati dei Caraibi - Ai confini del mondo". Pure la Disney!

"La mia anima è un maelstrom nero, una vasta vertigine intorno al vuoto, un movimento di un oceano senza confini intorno ad un buco del nulla" scriveva, nel "Libro dell'Inquietudine", Fernando Pessoa che non poteva mancare all'appello.

"Fu come un Maelstrom, con un solco,/ Che più vicino, ogni Giorno,/ Continuasse a stringere la sua Ruota rovente" è l'immagine che dà Emily Dickinson del mulinello che, vorticando, prende ogni cosa, trascina nell'agonia ognuno, fino all'orlo della propria esistenza. "Perire, o Vivere?". Per dove? Verso niente? Un sogno? Un continuum metafisico? "Good Morning-Midnight-...-Goodnight-Day!".

Non c'è verso. Niente sonno. I cani si sono chetati. Resta solo la sinfonia lenta dei grilli notturni che accompagna questa veglia incessante. Metto su un dvd. Lo ascolto con le cuffie Wi-Fi per rispettare la notte e il sonno dei vicini. È un film di un paio di anni fa, già visto più volte. È sempre un bel film. "Non andartene docile in quella buona notte,/ La vecchia età dovrebbe bruciare e delirare al serrarsi del giorno;/ Infuria, infuria, contro il morire della luce". Questo splendido brano di una poesia di Dylan Thomas è citato dal grande Michael Caine, nei panni del Professor Brand, lo scienziato di "Interstellar". Mi piace la fantascienza, soprattutto se non è fanta scemenza, ma science fiction.

La validità scientifica del film può essere sicuramente contestata e io non me ne intendo, ma è supportata dalle ipotesi di Kip Thorne, il fisico teorico del California Institute of Technology, quello delle onde gravitazionali, e si basa sulla teoria della relatività generale e sul concetto spazio tempo di Einstein, di cui più leggo e meno capisco. Ma il cervello del sottoscritto è quello che è, perché, appunto e purtroppo, tutto è relativo. Però ci sono molte cose che non si capiscono, ma si capisce perché siano così affascinanti. E se sono sostenute dalla scienza, sia pur in via ipotetica, allora il fascino diventa doppio. Thorne è conosciuto anche per gli studi sulla singolarità dei buchi neri e le teorie relative alla possibilità di viaggi nel tempo, tramite ponti o cunicoli spazio-temporali. Un ponte Einstein-Rosen: Nathan Rosen era un collega di Albert Einstein. Un "wormhole", letteralmente "buco di verme", è essenzialmente una scorciatoia da un punto dell'universo all'altro che consentirebbe di viaggiare tra di essi più velocemente di quanto impiegherebbe la luce a percorrere la distanza attraverso lo spazio normale. Se un verme volesse passare da una parte all'altra di una mela, lungo la superficie, dovrebbe percorrere metà circonferenza del frutto; se invece lo attraversa dall'interno fa prima, dovendo percorrere solo il diametro della mela. Chiaramente bacata, ma questo non riguarda l'astrofisica, semmai la biologia e le scienze agrarie o, più semplicemente, il nostro fruttivendolo o il reparto ortofrutta del nostro supermercato.

In base a questo principio, nel film si compiono viaggi nella dimensione dello spazio tempo in pianeti dove, per effetto della relatività, pochi minuti o poche ore sono un periodo di molti anni sulla terra e persino sull'Endurance, l'astronave su cui viaggiano gli eroi di "Interstellar".

Il film narra infatti di un gruppo di astronauti che navigano attraverso un "wormhole" in cerca di un nuovo pianeta per l'umanità. Al fondo c'è un idea "distopica" del futuro. Come non tutti sanno, la distopia è l'esatto contrario dell'utopia. Ha padri illustri in letteratura: George Orwell, Aldous Huxley, H.G. Wells ed altri. Ed è molto in voga anche oggi, in un mondo così in crisi di futuro. Si poteva anche dire "cacotopia" che era più brutto, ma forse dava ancor più l'idea che "chi vive sperando muore cacando". Lo diceva sempre la mia nonna Crelia, che non era una scienziata, ma ci ha cresciuti tutti.

Siamo nell'anno 2067, un tempo non così lontano. La Terra sta diventando inabitabile per l'uomo: solo il mais può essere ancora coltivato. La "piaga" che si nutre di azoto, cresce e consuma l'ossigeno terrestre, minaccia le colture. Il cibo scarseggia, tempeste di polvere desertificano progressivamente il pianeta. La scienza è tutta ripiegata sulla sopravvivenza. Cooper, ingegnere ed ex pilota spaziale, è divenuto agricoltore e vive con la famiglia nella sua fattoria. Giungono però segnali dal futuro e parte l'avventura nell'iperspazio, verso tre pianeti, scoperti segretamente dalla missione "Lazarus" della Nasa, in orbita a diverse distanze intorno al buco nero "Gargantua", in un'altra galassia.I cosmonauti si avvalgono del passaggio in un "wormhole", in prossimità di Saturno, forse aperto dai nostri stessi eredi del futuro, perché potessimo accedervi. Solo uno di questi pianeti si rivelerà abitabile e futura casa degli uomini della terra su cui siamo nati, ma non necessariamente dobbiamo finire i nostri giorni, rassegnandoci al "morire della luce". Cooper e il robot TARS si lasciano inghiottire dall'orrido buco nero. Sopravvivono, non si sa come e, attraverso un "tesseract", una specie di cubo infinito, sviluppato in uno spazio a cinque dimensioni, riescono a dare alla figlia di Cooper, Murph, divenuta una scienziata, messaggi e formule risolutive della "teoria del tutto", consentendo la salvezza e il futuro dell'umanità. Il futuro aiuta dunque il passato e il presente: li rende progressivi.

Non si sa cosa dia luce ai tre pianeti in orbita intorno ad un buco nero -se è nero ci sarà un perché- né come possano resistere alla massima gravità che lì si concentra senza esserne inghiottiti, neppure quindi come si possa sopravvivere senza implodere dentro di esso, una volta superato "l'orizzonte degli eventi", la frontiera estrema, ma è di grande fascino tutto ciò. Resta memorabile, nell'immaginario, la scena delle gigantesche onde di marea, alte come montagne, che sconvolgono uno dei pianeti visitati, interamente sommerso dalle acque. E questo andare del tempo più veloce o più lento, a seconda della diversa gravità, nello spazio che è come un telo di onde gravitazionali, scaturite dal Big Bang che dette origine all'Universo, su cui poggiano stelle e pianeti. E in cui i buchi neri, da dove nemmeno la luce dovrebbe sfuggire, sono un grande mistero. Un'energia negativa. Un gorgo, un maelstrom spaziale.

Un gorgo apre nei mari e negli oceani un canale che va giù e inghiotte, a mulinello, le cose e le porta in basso, nel profondo delle acque. Un gorgo aperto nell'universo dove potrebbe portare? Ad altri mondi? Ad un altro universo? Esiste dunque un "multiverso"? Esistono più universi, paralleli a questo: passati e presenti di noi, diversi da quelli che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo? Differenti futuri? Sarebbe mai possibile? Rivedere i miei genitori ancora giovani e vivi. Dare ai miei figli una formula per il migliore dei mondi possibili o per loro vite, per gli amori. La scettica e laica scienza sembrerebbe dare al gorgo in cui, muti, scenderemo, l'immagine ipotetica di una nuova, futuribile, metafisica soglia.

L'astrofisico Stephen Hawking, quello sulla carrozzina, ha dimostrato che i buchi neri emettono calore sotto forma di fotoni: allora non sarebbero così neri. E se gli scienziati riuscissero davvero ad unire la relatività einsteiniana con la fisica quantistica delle particelle, due modelli concettualmente diversi, con un'elegante e semplice "teoria del tutto" da contrapporre all'inconcludente teoria del niente che affligge l'oscurantismo del nostro tempo!? Spossato dall'incalzare di queste domande, tanto impossibili per me, quanto fondamentali per la scienza e il genere umano, finalmente mi sono addormentato. La notte si era fatta silenziosa, i cani quieti. Ho attraversato "l'ipersonno" come un "poltronauta", sprofondato nel buco nero del divano di casa.

Treggiaia, 27 Agosto 2016

Marco Celati

Articoli dal Blog “Raccolte & Paesaggi” di Marco Celati