No profit
di Libero Venturi - domenica 14 febbraio 2021 ore 07:30
La Pandemia non è sconfitta, anzi continua a mietere vittime, da noi e ovunque. Ci sono molti scervellati, giovani e non solo -ma i giovani eccellono- che non rispettano le misure di sicurezza. Poi ci sono le varianti peggiorative degli scervellati: i decerebrati, i negazionisti, i no vax e altri autorevoli divulgatori delle tesi che il virus non esiste, che c’è la dittatura sanitaria, che la terra è piatta. E Cristo è morto dal sonno. La variante blasfema.
A questo si aggiunga il fatto che le aziende farmaceutiche produttrici dei vaccini non riescono a far fronte agli impegni presi. Oppure hanno fatto altri accordi sottaciuti di maggiore priorità o convenienza. E quindi rallentano la consegna del vaccino mettendo in crisi chi ne ha già assunto la prima dose col rischio di veder vanificato tutto il percorso di immunizzazione. E ci sono i vaccini over 60 e quelli under 55, che andrebbe anche bene se fosse per il ricongiungimento generazionale e non per una pandemia. Peggio di tutti andrebbe a chi ha più di 55 anni e meno di 60. Per loro non c’è medicina. Come per i ciucchi -diceva la mia povera nonna- che ora non so se si può più dire. E comunque la nonnina è morta da un pezzo.
Però, in questo quadro, il problema più grave è l’esistenza di varianti del virus, inglese, brasiliana e sudafricana, che si diffondono velocemente, anche in paesi che non confinano necessariamente con Inghilterra, Brasile e Sudafrica come ad esempio Chiusi, in provincia di Siena. Per alcune varianti il vaccino risulta efficace, per altre non si sa o si teme di no. In Sudafrica hanno interrotto l’utilizzo del vaccino di Astrazeneca perché si stava dimostrando fallimentare contro la variante nazionale. Forse il Covid sta diventando sovranista per compensare la conversione di Salvini folgorato da Draghi sulla via dell’Europa. Scherzi a parte, che c’è poco da scherzare, è in atto una battaglia contro il tempo tra la nostra capacità di sconfiggere il virus e la sua di adattarsi, variare e sopravvivere a nostro scapito.
Nel 1952, quando Jonas Salk sviluppò il primo vaccino antipolio non lo brevettò, rinunciando al profitto, per accelerarne la diffusione e al conduttore televisivo che gli chiese a chi appartenesse rispose: "Alla gente. Non esiste un brevetto. Si può forse brevettare il sole?". Altri tempi.
È vero che la ricerca scientifica e la competitività del mercato hanno portato in tempi relativamente brevi alla realizzazione del vaccino. Però è pure vero che il rapporto tra ricerca scientifica e mercato solleva molti interrogativi di ordine morale relativamente all’impiego e alla distribuzione delle risorse. In un mondo ingiusto, difficile che sia giusta la politica sanitaria, da cui però dipende la nostra salute e la nostra salvezza. E per questo occorre fare in modo che sia garantita la distribuzione del vaccino a tutti nel più breve tempo possibile e anche ai paesi e ai popoli che non possono sopportarne il costo. Papa Francesco ha fatto un appello in questa direzione.
Un contributo alla soluzione sarebbe quello di uscire dalla logica dei brevetti che sono detenuti delle case farmaceutiche e dei loro profitti che sono ingenti. Ebbene gli Stati, in una situazione pandemica così grave per assicurare il diritto alla salute dei cittadini, devono avere il diritto -vorrei dire il dovere- di acquisire i brevetti e iniziare una produzione di massa del vaccino. O dei vaccini che ovviamente siano stati testati e di cui sia garantita sicurezza ed utilità. Sputnik compreso. Gli Stati o le organizzazione dei governi a livello mondiale, dal canto loro, potrebbero finanziare la ricerca delle aziende farmaceutiche per l’individuazione delle varianti del virus e la realizzazione dei relativi vaccini.
Queste non sono misure di collettivismo massimalista e non sono soltanto misure di giustizia sociale. Sono azioni volte a determinare i presupposti di sicurezza della popolazione mondiale in un mondo globalizzato e interconnesso, che fa presto a relazionarsi e altrettanto ad infettarsi. Ho rispetto per le prerogative di mercato, ma il mondo non può essere subordinato e sottomesso alle esigenze del profitto. Specie se queste comprimono la capacità produttive -e quindi il lavoro e l’occupazione- anche per quanto riguarda la produzione dei vaccini, mettendo a rischio la sicurezza della specie umana.
Non avevamo forse teorizzato che la pandemia avrebbe cambiato ognuno di noi e questo mondo? Infatti, ma rischia di cambiarci in peggio, facendo emergere a scala planetaria vergognose diseguaglianze e miserevoli bramosie di arricchimento. Che oltretutto si rivelano inefficaci a contrastare la pandemia, anticipando i cambiamenti del virus. E allora se vogliamo invertire la tendenza e fare in modo che un altro mondo sia veramente possibile, a cominciare dalla sua sopravvivenza, potremmo e dovremmo provare a cambiare davvero le cose, mettendo il benessere al posto del lucro o prima di esso. Prima del virus che il profitto non riesce a fronteggiare, diventando esso stesso -il profitto- il più contagioso e disumano dei virus.
Un mondo non asservito alle iniquità del mercato era un’utopia, in questa pandemia sarebbe una necessità. Introdurre “quel tanto di socialismo che appare realizzabile nel contesto del capitalismo conflittuale con il quale è tuttora necessario convivere”. Sono parole di un economista, sostenitore dell’intervento regolatore dello Stato a garanzia dell’uguaglianza, in una società economica incapace di provvedere alla piena occupazione e afflitta dalla distribuzione arbitraria e iniqua della ricchezza e dei redditi: il keynesiano Federico Caffè. L’economista misteriosamente scomparso di cui Mario Draghi fu allievo e il cui insegnamento speriamo conservi.
Federico Caffè incarnando con scoramento “la solitudine del riformista” fu tra i più risoluti a criticare il dilagante liberismo, rifuggendo l’assolutizzazione messianica del mercato, pur condividendone la necessità. E la sua visione dell’intervento pubblico regolatore, propulsore della domanda aggregata, respingeva anche le teorie dello Stato totale. Il 10 febbraio abbiamo ricordato il martirio delle Foibe, l’eccidio di inermi ad opera dei comunisti titini, seguaci di una di quelle teorie e pratiche totalizzanti. Una strage per tanto tempo da tutti colpevolmente dimenticata.
Intanto il drago Draghi, da super partes, ha varato un governo che avrà, fra gli obiettivi prioritari, quello di debellare la pandemia e operare per il rilancio del paese nel quadro europeo. Lo spread è calato, speriamo il contagio. Un governo tecnico e politico insieme: il governo dei migliori. E anche di quelli così così. “Il migliore” un tempo era Togliatti. Un governo di alto profilo. Qualcuno sì, qualcuno mica tanto. Trattandosi di un governo del Presidente ci saremmo aspettati un esecutivo di soli tecnocrati competenti. E non perché i rappresentanti politici siano necessariamente incompetenti: non è obbligatorio. Era solo per evitare accostamenti imbarazzanti e contagiosi, garantendo un certo distanziamento politico sociale. Ma forse è meglio così: essere uniti per senso di responsabilità, stante il momento grave che attraversiamo, sospendendo le differenze e le ostilità. Tanto la Meloni sta fuori. Anche i 5Stelle, sulla piattaforma Rousseau, hanno dato un sofferto “sì” a Draghi. Il Dibba non ci sta, ma ce ne faremo una ragione.
E ora tutti sbandierano la rivincita della Costituzione assunta in purezza, speriamo, dopo tanta miscelazione, non ci dia alla testa: Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio e, su proposta di quest’ultimo, che poi sarebbe il primo, i ministri. Mentre il Parlamento vota la fiducia. La Costituzione è la Costituzione. Pur nell’equilibrio della compagine governativa, il ruolo dei partiti e il potere della politica restano sullo sfondo, non in medias res: anche i rappresentanti politici nel governo, infatti sono stati scelti da Draghi. O così si dice. Magari cantano vittoria sopratutto gli altri poteri del paese, stampa, magistratura, economia, a cui però non si accede per via elettorale. Della politica che riequilibrava questi poteri resta poco, passati come siamo dal populismo al civil servant. Comunque era forse l’unica possibilità e l’ultima spiaggia: abbiamo di nuovo un nuovo governo che si annuncia a larga maggioranza con un programma che si prefigura proiettato verso la transizione ecologica. Vedremo. E chi vivrà vedrà, anche perché -si spera- si vaccinerà. Buona domenica e buona fortuna.
Libero Venturi
Pontedera, 14 febbraio 2021
P.S. Le battute della vignetta messe arbitrariamente in bocca a Woodstock e Snoopy sono tratte da un fumetto di Altan.
Libero Venturi