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martedì 19 marzo 2024

PENSIERI DELLA DOMENICA — il Blog di Libero Venturi

Libero Venturi

Libero Venturi è un pensionato del pubblico impiego, con trascorsi istituzionali, che non ha trovato niente di meglio che mettersi a scrivere anche lui, infoltendo la fitta schiera degli scrittori -o sedicenti tali- a scapito di quella, sparuta, dei lettori. Toscano, valderopiteco e pontederese, cerca in qualche modo, anche se inutilmente, di ingannare il cazzo di tempo che sembra non passare mai, ma alla fine manca, nonché la vita, gli altri e, in fondo, anche se stesso.

​Mangiare la foglia e liberarsi dagli stronzi

di Libero Venturi - domenica 03 febbraio 2019 ore 07:00

Leggo la definizione su Wikipedia: la locuzione "mangiare la foglia" si usa quando si desidera sottolineare quanto una persona sia abile nel carpire il significato più recondito di una frase o di un discorso, ovvero leggere tra le righe e arrivare a capire anche quello che non viene detto. Accorgersi di qualcosa. E il “detto non detto”, in campo letterario, si sa, è insidioso quanto il “visto non visto”, in campo sessuale.

Il motivo per cui si dice “mangiare la foglia” risale all’Odissea, all’episodio di Ulisse, prigioniero sull’isola della maga Circe. L’eroe greco si accorge del trucco della maga per trasformare gli uomini in bestie -maiali nella fattispecie, secondo un cliché in gran parte meritato- e, per rendersi immune al sortilegio, mangia una foglia donatagli dal dio Ermes che lo protegge dalla magia. Cosi rimane uomo, che, senza offesa per la bestia, sarà sempre meglio che maiale. E poi lui era Ulisse di Itaca, mica un Cacini di Bientina qualunque! Se no Omero come faceva con l’Odissea? Per non parlare dell’Iliade.

Non è solo questa però l’unica spiegazione, altri infatti ritengono che il detto si riferisca all’abitudine dei bachi da seta di assaggiare le foglie per verificarne la commestibilità. Ma questo detto i bachi non possono confermarlo, siamo noi che lo pensiamo, osservando il loro comportamento.

Altri ancora raccontano dell’usanza dei pastori di controllare l’erba dei pascoli in cui portano a mangiare le loro greggi, assaggiandola per verificarne la bontà. In questo caso i pastori stessi, diversamente dai bachi da seta, possono confermare che l’usanza, in effetti, è quella.

C’è anche la versione che associa l’uomo agli animali da pascolo: pecore in quest’altra fattispecie, un’associazione anch’essa in buona parte meritata, specie nella versione pecoroni. Da cuccioli bevono il latte materno, poi, una volta adulti, passano a cibarsi di foglie ed erba. Quindi al raggiungimento della maturità e della consapevolezza si “mangia la foglia”. Ma è una spiegazione, non si sa quanto supportata e più da vegetariani. Per non parlare dei vegani: solo le foglie già morte da sole. Scherzo. Ma mica tanto. Del resto è ampiamente riportata la vulgata popolare toscana “disse Cristo ai discepoli suoi, non mangiate l’erba che è roba da buoi”. Cfr. -abbreviativo del latino “confer”, imperativo singolare del verbo conferre, per dire "confronta"-: “Noi la cosa più vicina all’erba che si mangia è il conigliolo”, sagace espressione raccolta nella sedicente, sediziosa e seducente Alta Valdera in merito alla filosofia vegetariana.

C’è un libro che si intitola “101 modi per liberarti dagli stronzi e trovare soddisfazione nel lavoro”. L’ha scritto Luca Stanchieri. Lavorare stanca e lui di cognome fa Stanchieri e ha scritto un libro sul lavoro. Nome omen: nei nomi a volte c’è un presagio. Leggo nella recensione che si tratta di trucchi, consigli e segreti per non farsi fregare in quanto lavoratori. Lo sfruttamento esiste, purtroppo, ma se qualcuno, stronzo, se ne approfitta, allora non va più bene. D’altronde i luoghi di lavoro sembrano sempre più infestati da stronzi. E nessuno di loro è simpatico, essendo stronzo. Per forza! Esiste inoltre una nuova categoria: le aziende stronze. Supponenza, diffidenza, controllo, aggressività, presunzione, arroganza e, alla fine, idiozia: la stronzaggine è un fenomeno di relazione che sembra prediligere il posto di lavoro.

Il libro è dunque un vademecum che si pone l’obiettivo di riconoscere gli atteggiamenti e i comportamenti tipici di questa categoria e offrire mezzi di tutela e difesa. Questi alcuni degli argomenti trattati: lo stronzo è ovunque, lo stronzo al potere/organizzarsi contro, anche lo stronzo è vulnerabile, riconosci il capo stronzo e capirai dove lavori, le promesse dello stronzo impostore, minimizzare i danni del collega stronzo. Perché anche i colleghi possono essere stronzi. E ancora: la stronzaggine sistemica, lecchino o lecchino stronzo? Che è sempre una bella gara. Per concludere con il capitolo sulla qualità del lavoro, che evidentemente si consegue senza gli stronzi. Infatti la morale, per espresso pronunciamento dell’autore, è che non bisogna colludere con gli stronzi, diventando a nostra volta stronzi. Cosi lavoreremo e, sopratutto, vivremo meglio. Si è detto senza stronzi?

Ormai sono in pensione, ma penso lo comprerò e lo leggerò il libro, a volte ci fosse davvero una seconda vita, come dicono dal mio dentista, che mi fa credito da una vita sperando nella prossima. Non ci credo, ma non si sa mai. Magari mangio la foglia e rinasco stronzo. Buona domenica e buona fortuna.

Pontedera, 3 Febbraio 2019 

Libero Venturi

Articoli dal Blog “Pensieri della domenica” di Libero Venturi