DIZIONARIO MINIMO: il porto
di Libero Venturi - domenica 09 luglio 2017 ore 08:00
Il porto
Ascolto “Passalento” di Ivano Fossati. “Signore di questo porto,/ vedi mi avvicino anch'io,/ vele ancora tese,/ bandiera genovese,/ sono io”.
Chissà perché, anche se apparentemente dice l’opposto, mi ricorda Umberto Saba: “Il porto/ accende ad altri i suoi lumi; me al largo/ sospinge ancora il non domato spirito,/ e della vita il doloroso amore”.
Saba scriveva: “Oggi il mio regno è quella terra di nessuno”, bellissimo, per dire che la nostra voglia di vivere ci porta altrove, a cercare, come Ulisse, nuovi mondi. Eppure Ulisse, in fondo, cercava solo di tornare alla sua isola, di ritrovare il suo porto, la sua casa.
Penso a quanti uomini, donne e bambini, oggi sono spinti dal doloroso amore della vita a cercare altri porti, lasciando il proprio, nella speranza di trovare una terra che somigli loro. Prendendo il mare, questo mare di nessuno, a cui affidano la vita, in cui trovano la morte. Fuggono dalla guerra e dalla miseria. Per tutti loro non c’è posto, non nel nostro Paese da solo. Ai moli dei nostri porti attraccano navi di varie nazionalità, cariche di migranti. Il nostro Governo ha chiesto aiuto all’Europa, agli altri Paesi e porti europei, ma, al di là delle dichiarazioni di principio, non pare di aver ottenuto granché. Non dalla Spagna, non dall’Austria che, anzi ha minacciato il ricorso di esercito e blindati al confine del Brennero, per fortuna in seguito smentito. Non certo dall’Ungheria, che non merita parole: solo ricordare che benefici e impegni, per chi è entrato in Europa, dovrebbero essere indissolubili. Così come diciamo ai profughi, giunti nel nostro continente, per diritti e doveri.
Ma nemmeno dalla Francia. Da Emanuel Macron, diciamo la verità, ci aspettavamo di più. Il Presidente francese si dimostra prudente, quanto al prendersi carico dei migranti che raggiungono le coste italiane: l'80% - dice - sono migranti economici. La differenza tra richiedenti asilo e migranti economici è fra chi fugge per non morire per le bombe e chi per non morire per la fame. Una differenza sostanziale delle cause con una sovrapposizione degli effetti piuttosto imbarazzante! Specie per un ex socialista. E bravo Macron! Chissà perché tutti i populismi, fermi o “En Marche!” che siano, alla fine scoprono il loro volto conservatore.
Perfino Di Maio, con quella faccina da impunito, gli ha detto: facile fare l’europeista con i porti degli altri! Io la sapevo peggio: facile fare il finocchio con il culo degli altri! Ma questa battuta, oggi come oggi, è troppo omofobica e politicamente scorretta. Comunque il senso, più o meno, è quello. E il tutto per convenire, da parte dei 5 Stelle, che non esiste l’Europa. La polemica, pur fra due movimenti popolari assai diversi -l’italiano, euroscettico e il francese, europeista- sa di competizione in seno ai populismi nazionali. Quasi meglio la signora Merkel, allora. Angela Dorothea e «l’inquietudine del mondo».
Fatto sta che una soluzione sembra essere quella di allontanare gli aiuti, le Ong, dai porti di partenza dei barconi, dalla Libia, ad esempio, che chi la governa non si capisce nemmeno bene. Questa solidarietà sarebbe troppo attrattiva per i profughi. Meglio lasciare quei disperati al loro destino, che affoghino nelle acque di un mare lontano. Se l’Europa e le nazioni potenti si interponessero sugli scenari di guerra e costruissero davvero condizioni di pace e crescita economica in quei Paesi, su quelle terre del Mare che sta in mezzo alle terre, tutti avremmo da guadagnarci, oltre a provare ad essere migliori. Ma intanto è più semplice allontanare quel mare, quella gente e i loro problemi, illudendoci, crudelmente e stupidamente, che non siano anche nostri. Come anche nostro è quel mare con i porti che vi si affacciano.
“Abbiamo l’aria di italiani d’Argentina/ oramai certa come il tempo che farà…/ Ahi, quantomar quantomar per l’Argentina…” È sempre Fossati. Avevamo dei lontani parenti, che non sapevamo di avere, lontani sia per la parentela, che per la distanza ed il tempo. Erano emigrati in Argentina negli anni del bisogno in Italia, bisogno di pane e di libertà. Andarono a cercare fortuna e respiro in quel continente, in quel Paese di pampas e di tango. Erano diventati piccoli imprenditori, avevano camion. La crisi argentina di qualche hanno fa, li mise in ginocchio e tornarono in Italia. Non ci conoscevamo nemmeno. Credo poi siano ritornati nel loro nuovo Paese. Che avevano più a che fare qui? Solo i conti con la malinconia ed il rimpianto.
Quanti italiani sono andati nel mondo con la loro aria d’italiani! Quanta strada nei loro sandali, quanta ne avrà fatta Bartali! Viene a mente “quel naso triste come una salita, quegli occhi allegri da italiano in gita” di Bartali che vince il Tour, “tra i francesi che s’incazzano/ e i giornali che svolazzano”, la canzone di Paolo Conte. Il mondo è pieno della gente di tutto il mondo. Non sarebbe un problema del mondo, ma di chi lo governa. O di chi non lo governa. Il mondo è un porto: di mare, di terra, di uomini, donne e bambini.
Pontedera, 9 Luglio 2017
Libero Venturi