Nei panni di Babbo Natale
di Gianni Micheli - martedì 28 dicembre 2021 ore 22:00
Da alcuni giorni mia figlia è molto orgogliosa di me. Come ho fatto ad ottenere un simile risultato? Le ho mostrato la foto in cui indosso, con grande autorità, i panni di Babbo Natale, barba compresa. E faccio felici i bambini. Il risultato è andato al di là di ogni mia aspettativa: «Babbo, sono orgogliosa di te!» mi ha detto e poi mi ha abbracciato.
Ho indossato i panni di Babbo Natale in più occasioni, nel corso degli anni passati. All’inizio, appena trascorsa l’adolescenza, era un semplice gioco ma soprattutto un modo per essere d’aiuto. “Serve un Babbo Natale per il tale cuginetto. Chi lo fa?”. Lo facevo io. Sarà per quel piacere di indossare i panni di qualcun altro che mi porto dietro e che alla fine mi ha spinto sul palcoscenico del teatro. Sarà perché vestire i panni di Babbo Natale è un po’ come impersonare l’immaginario più festoso e goloso (avete idea di quanti biscotti mangia Babbo Natale in una sola notte?) attraversato da ognuno di noi. Sarà per chissà che cosa ma difficilmente mi sono tirato indietro da un simile compito, anche se impegnativo. Perché impegnativo lo è, lo è stato, e non poco: alla fine si tratta di complicarsi la sera della vigilia di Natale, con pioggia, vento, ghiaccio o neve, con un luogo da raggiungere, un cambio abiti da fare, un nascondiglio da cercare, una voce da camuffare, un qualche dolcetto da assaggiare, un sacco da portare, una sporta di regali da consegnare senza sbagliare nomi e attribuzioni e, soprattutto, senza farsi riconoscere! E controllare tutto due volte!
Il primo abito di Babbo Natale me lo prestò un cugino. Fu anche il primo Babbo Natale che impersonai per il più giovane tra i miei parenti che proprio per la sua giovane età non mi riconobbe ma restò piuttosto perplesso. Ricordo un abete straordinario, una splendida famiglia riunita, un sacco pieno di doni da consegnare e il più difficile “Oh Oh Oh” che abbia mai detto in vita mia. Necessitò di non poche prove per raggiungere una sufficiente credibilità.
Quando la voce si sparse - nel frattempo avevo impersonato perfino la Befana! - il vestito decisi di comprarlo. Indossare la stoffa polverosa di un costume rimasto in un armadio per 12 mesi aveva cominciato a mettere dell’ansia a me e anche a mia madre. Non tanto per i pantaloni o la casacca, ma per la barba da distendere sul viso, tra l’altro, in genere, di pessima qualità. Sta di fatto che la spesa per l’acquisto di una barba di ottima fattura fu non di poco superiore a quella per il completo rosso. L’effetto, però, era entusiasmante! Quel costume, che ha servito non pochi Natali, spero di lasciarlo in eredità al parente più giovane in servizio nei prossimi anni, se mai torneremo a vivere un Natale in cui potremo entrare in casa altrui senza mostrare l’esito di un tampone.
L’apoteosi del vestire i panni di Babbo Natale giunse all’improvviso alcuni anni fa. Quello sì che fu un Babbo Natale spettacolare oltreché l’ultimo. Costume d’eccezione, trucco, bimbi, giovani e adulti in attesa della mia apparizione per farsi una foto, gioia e paura. E persino un fotografo, Giulio Cirinei, che ringrazio ancora per avermi concesso alcuni degli scatti qui pubblicati.
Quel Natale seminai abbracci, strette di mano, sorrisi e felicità tra i bambini - solo poche lacrime, veramente poche! - e fu un piacere immenso, nonostante la fatica e la stanchezza. Fu alla fine di quella giornata, sudato fino al midollo, che compresi la ragione per cui, al di là di ogni ragionevole invenzione, Babbo Natale compie il suo percorso di notte, assolutamente non visto. E giurai che non avrei mai svelato il suo segreto.
Gianni Micheli