Una allegoria di fine estate
di Nicolò Stella - mercoledì 05 ottobre 2022 ore 08:00
L’ultima inchiesta del Maresciallo Cometa
Mario Cometa da giovane aveva fatto il calciatore con tanto di provino nella Nocerina. Era stato prescelto, ma le modalità d’ingaggio non gli permettevano di potersi trasferire: sarebbe stato troppo costoso per la sua famiglia. E poi avrebbe dovuto smettere di studiare. Non è che eccellesse negli studi, ma era cosciente che il calcio non sarebbe stato il suo mestiere e il pezzo di carta, gli avrebbe fatto comodo. Da Nocera Inferiore lo rispedirono al paese, in quella terza categoria composta da giocatori sperduti. Dove dette il meglio di sé, accompagnando la compagine sportiva sino alla prima categoria. Fu così che per lui iniziò un nuovo mestiere: il mediano di spinta. Ruolo di fatica, non come quello di “Oriali” nella famosa canzone di Ligabue, ma quello destinato al vero lavoro sporco, come quello di “azzoppare” il centravanti quando diventava pericoloso. Mario Cometa precisava sempre che il suo modo di giocare non era un ruolo, ma un atteggiamento. In campo era sempre sereno, educato con l’arbitro, e quando lo avvicinava per una piccola protesta, metteva le braccia dietro la schiena, serrando i polsi e chinando il capo. Poi alla ripresa del gioco recuperava i palloni persi, e innescava la ripartenza. Ma quando le cose si mettevano male, e occorreva far sostituire l’uomo più pericoloso della squadra avversaria, ecco che, a un cenno del capo dell’allenatore, in silenzio partiva, puntando il malcapitato e falciandolo vergognosamente. Meritando così lo spogliatoio, e un giorno di squalifica. Nel gioco del calcio di una volta, quello con le marcature a uomo, si diceva che se vi era qualcosa da fare, per esempio una punizione da tirare da una posizione scomoda, e comunque tutto ciò che gli altri non volevano eseguire, la facevano fare al mediano di spinta. Mario Cometa una volta terminata la sua avventura calcistica, dovendo fare una scelta lavorativa, prese la decisione. Dove può andare a finire un mediano di spinta se non nell’Arma dei Carabinieri? Fu così che prese la decisione di arruolarsi, e si trasferì per potere frequentare il corso di formazione. Una decina d’anni dopo, Mario Cometa ormai divenuto il Maresciallo Cometa, visionando il film “Il ladro di bambini” di Gianni Amelio, ripensò a quella scelta. Il Carabiniere che stava adempiendo al servizio di accompagnare due fratelli in un centro di prima accoglienza per minori, alla domanda stessa di uno dei bambini sul come mai non avevano affidato il compito a un assistente sociale, rispondeva: “Perché in Italia le cose che gli altri non vogliono fare, le fanno fare ai Carabinieri”. Mario Cometa che da mediano di spinta fu costretto a fare quello che gli altri non volevano fare, si ritrovò Carabiniere, a fare quello che gli altri non volevano fare.
Le sue due ultime indagini le aveva seguite da vero mediano di spinta, tentando di assicurare alla Giustizia colui che aveva messo i rifiuti organici nell’indifferenziata, e di rintracciare due revisori dei conti scomparsi. Nella prima inchiesta, erano intervenuti dei poteri forti che avevano ostacolato le indagini. Colui che aveva messo l’organico nell’indifferenziata fu individuato, ma non perseguito. Solo la curiosità di un giornalista mise in difficoltà gli inquirenti, incalzando il Procuratore con domande da alcuni ritenuti imbarazzanti, e da altri irriverenti: “Ma allora chi è stato a buttare il mangiare nella plastica? E soprattutto chi è stato a buttare la plastica nella carta? E chi è che ha buttato i guanti nel mangiare?” A queste domande il Maresciallo Cometa rispose scoprendo il testimone oculare di cui fece nome e cognome, e riferendo: “L’ho visto mentre mischiava il pesce con il maiale”. Nonostante la pluralità di indizi, e le dichiarazioni del testimone oculare, il Maresciallo Cometa, rispondendo alle direttive del titolare dell’indagine controvoglia, ritenne opportuno uniformarsi alla linea investigativa, affermando che il testimone non appariva attendibile addebitando al “ Signor Nessuno” la responsabilità. Non era stata una resa, e nemmeno una sconfitta ma una necessità. Ma il Maresciallo Cometa sapeva come “cavalcare la tigre”, e sapeva gestire lo svantaggio funzionale. Tutte le volte che gli era capitato di salire sulla schiena della tigre, era in grado di aspettare che si stancasse o si distraesse, e quella volta aspettò le ferie del Procuratore. Quest’ultimo non era giunto ancora in vista della costa sarda per il soggiorno estivo, quando il Maresciallo Cometa riprese in mano il faldone riaprendo così le indagini, e alla loro conclusione sottopose al fermo il colpevole e, con la complicità del Sostituto Procuratore, sempre in guerra con il suo capo, mise il verbale di arresto all’attenzione del Giudice per le Indagini Preliminari, che lo convalidò ponendo il responsabile agli arresti domiciliari.
Il GIP stesso dispose nuove indagini:
- a) Voglia Codesto PM accertare in quale contesto è avvenuto il delitto;
- a) Dagli accertamenti eseguiti e dalle informazioni raccolte si è scoperto che il delitto è avvenuto in un contesto divisivo;
- b) L’inquisizione del malcapitato rendeva la persona fragile e vulnerabile all’influenza degli associati;
- c) Il servizio tutt’ora viene somministrato in regime di convenienza. Gli associati mantengono gli ospiti sotto la soglia dell’opportunità, nella visione di non farli migliorare per assicurare la sopravvivenza all’associazione stessa.
Seguiva poi la firma del Maresciallo Cometa.
Dopo aver letto il rapporto, il GIP dispose la scarcerazione del responsabile, e dispose il rinvio a Giudizio. Il procedimento fu messo in ordine cronologico. Infine, dopo una serie di spiegabili e inspiegabili rinvii, fu emessa la sentenza di condanna che non fu eseguita per sopravvenuta prescrizione.
L’indagine che gli capitò subito dopo fu quella di rintracciare due revisori dei conti. I contabili che decisero di scomparire, senza lasciare detto nulla alle loro famiglie. Il Maresciallo Cometa ripensò a lungo alle dichiarazioni del Vicepresidente, l’unica persona che aveva spiegato con dovizia di particolari i risvolti della vicenda e aveva permesso di indirizzare le indagini nel senso che poi si era dimostrato quello giusto. Al Maresciallo, il Vicepresidente, gli era apparso come la vera “eminenza grigia” in grado di manovrare i revisori dei conti tanto da farli nominare dal consiglio e dopo, suggerirgli di dimettersi.
La mattina della convocazione in caserma, i due revisori si presentarono di buonora. Attesero sul marciapiede l’arrivo del Maresciallo Cometa. Si misero a fumare nervosamente, osservati dalle mogli che incredule non li avevano mai visti accendersi una sigaretta.
Il Maresciallo Cometa sopraggiunse, gli passò accanto, e volutamente li ignorò. Entrò in caserma seguito da tutti e quattro che furono bloccati dal Carabiniere di servizio alla porta. “Prima di ricevervi il Maresciallo deve compiere le operazioni di caserma.” disse il Carabiniere. “Le operazioni di che?”. Domandò una delle due donne. “Insomma deve avviare la macchina dopo la pausa notturna.” affermò il Carabiniere. Fra le “operazioni di Caserma” del Maresciallo c’era pure quella di dare un veloce sguardo al giornale. “RITORNATI A CASA I DUE REVISORI DEI CONTI”, annunciava la cronaca locale, seguiva poi l’articolo con tante inesattezze e fantasie narrative. Il Maresciallo fece entrare i quattro nel suo ufficio e chiese: “Allora raccontatemi di questa vostra gita a Lampedusa.” “Maresciallo e chi l’ha vista Lampedusa.” rispose il Pistoni. “Siamo scesi dall’aereo e ci siamo fatti attrarre, da una località chiamata “Cala Pisana”. In quella zona non vi erano appartamenti liberi, allora abbiamo trovato un hotel vicino all’ aeroporto “ O’ Scià” dove poi ci hanno trovato i Carabinieri.” continuò il Nelli. “State dicendo che Lampedusa è brutta?” protestò il Maresciallo. “No, no non stiamo dicendo questo”, prosegui il Nelli, “da una parte ci sono i turisti, dall’altra gli immigrati, nel mezzo i lampedusani, e di lato fra il distratto e l’annoiato giovani agenti di Polizia che attendono di rientrare sulla terra ferma.” “Ditemi allora, siete riusciti a completare il lavoro che vi eravate prefissato?” domandò il Maresciallo con la volontà di concludere l’incontro il prima possibile. “Maresciallo se vuole sapere la verità non ci siamo riusciti, abbiamo dovuto fare ricorso a un tecnico che ha completato il lavoro scoprendo che il registro era stato compilato da un contabile che un tempo si era occupato di trascrivere balzelli più astrusi che esosi. In conclusione questo nostro assistente è riuscito a far combaciare le entrate con le uscite, e a determinare la rimanenza di cassa che risultava quella effettivamente depositata.” Precisò, mestamente, il Pistoni.
“Quindi tutto è bene ciò che finisce bene. I vostri familiari vi hanno compreso e si sono rasserenati, l’associazione di cui fate parte ha i conti a posto, ora possiamo ritornare al nostro lavoro quotidiano” concluse il Maresciallo Cometa congedando sia i revisori che le consorti.
Quella sera stessa il Maresciallo Cometa decise di concludere la sua esperienza da mediano di spinta nell’Arma dei Carabinieri e si presentò nell’ufficio del suo dirigente. Prendendo in prestito una frase di Jep Gambardella dal film “La grande Bellezza” di Paolo Sorrentino, entrò a gamba tesa e disse: “Comandante, la più consistente scoperta che ho fatto pochi giorni dopo aver compiuto sessanta anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare.” Era uno di quegli anni che si può dividere per quattro. Dopo qualche giorno il Governo dichiarò lo stato di emergenza, in conseguenza del rischio sanitario ancora non completamente debellato.
Nicolò Stella