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Attualità giovedì 08 giugno 2017 ore 17:28

La commozione cerebrale nello sport

A Chianciano si sono riuniti esperti per trattare del trauma celebrare nello sport che in Europa ogni anno si verifica con 1.700.000 casi



CHIANCIANO TERME — In Italiana ogni anno si verificano circa 130mila casi, mentre negli Stati Uniti si stimano in un anno circa 300.000 casi di questo tipo correlati soprattutto alla pratica sportiva (Boxe, Rugby, Calcio, Karate Kick Boxing) una cifra che secondo gli studiosi sarebbe ampiamente sottostimata.

È un tema molto rilevante in questo momento nel settore sport (sia agonistico che amatoriale) e anche in incidenti domestici, auto e moto. La medicina dello sport a livello internazionale è alla ricerca di un approccio diagnostico affidabile sia per effettuare la diagnosi della concussione, sia per determinare il pieno recupero della funzionalità cerebrale per un ritorno privo di rischi all’attività sportiva.

I maggiori esperti del settore, dunque, si sono riuniti a riuniti oggi a Chianciano nel corso del primo workshop internazionale organizzato da UPMC sulla “Concussione cerebrale” per fornire a medici, specialisti e personale sanitario gli strumenti necessari per identificare e diagnosticare correttamente la concussione cerebrale e indirizzare il paziente presso un centro appropriato per il trattamento.

“Qualsiasi tipo di concussione o commozione cerebrale - spiega Giovanni Vizzini direttore attività cliniche UPMC Italy, professore di medicina Università di Pittsburgh - può rappresentare un problema medico molto serio tale da richiedere un’assistenza immediata da parte di un professionista sanitario, adeguatamente formato nella gestione delle concussioni cerebrali. Per evitare il ripetersi delle lesioni è fondamentale gestire la concussione fino al completo recupero”.

Roberto Vagnozzi, professore associato di neurochirurgia dell’Università Tor Vergata di Roma ha spiegato che ci sono diversi tipi ci concussione cerebrale distinti i cui effetti possono essere poco significativi o, nelle situazioni più severe, giungere fino al pericolo di vita. Generalmente la concussione si presenta sotto 2 forme: semplice o complessa. Nel primo caso la commozione si risolve nel 70-80% dei casi con un periodo di riposo. La seconda è caratterizzata dalla perdita di coscienza, e/o presenza di specifiche complicanze, e/o deficit cognitivo prolungato per più di 7-10 giorni, e persistenza di sintomi post-concussivi.

“La gestione del trauma cranico concussivo negli atleti dovrà quindi prevedere una valutazione medico-specialistica attenta sia nell’immediato che a distanza di giorni dall’accaduto, che preveda sia indagini cliniche che strumentali multidisciplinari. La risposta di vista ed esami deve essere alla base della decisione di una ripresa piena dell’attività agonistica per non far correre rischi allo sportivo. I sintomi caratteristici della concussione, oltre un breve transitorio deterioramento neurologico a risoluzione spontanea, possono essere diversi: perdita di coscienza, cefalea, nausea/vomito, visione annebbiata, problemi di equilibrio, problemi di concentrazione e attenzione, amnesia. A questi si aggiungono una serie di segni visibili: stordimento, sguardo assente, confusione, perdita di coscienza, cambiamenti umorali, stato di confusione" - spiega il professore.

L’esigenza è quella di ricorrere ad indagini che forniscano dati oggettivi per determinare quando si è guariti da una concussione ha fatto sì che fossero introdotti test neurocognitivi sia cartacei sia computerizzati.

“Attualmente tali test sono molto utilizzati, soprattutto negli Stati Uniti - aggiunge Simone Marziali dirigente medico del dipartimento di diagnostica per immagini Fondazione Policlinico Tor Vergata Roma, Università degli studi di Roma Tor Vergata (dipartimento biomedicina e prevenzione) - per determinare i tempi di ritorno all’attività degli atleti traumatizzati. Si è visto che in un atleta in cui la scomparsa soggettiva dei sintomi avviene in 4 giorni la normalizzazione dei test neuropsicologici avviene in una settimana. Più di recente sono state introdotte anche prove computerizzate per la valutazione dell’equilibrio”.

“La concussione- prosegue Michael Collins direttore esecutivo programma concussione cerebrale medicina dello sport UPMC - è di solito associata alla negatività degli esami tradizionali di neuroimmagine. Siamo quindi consapevoli di trovarci di fronte ad un tipo di danno biochimicamente ben definito, ma visibile solo grazie all’individuazione tramite test neuropsicologici per misurare la funzione cognitiva che possono essere effettuati da giorni o settimane dopo l'evento traumatico o in tempi diversi per dimostrare il decorso. Noi di UPMC abbiamo elaborato un approccio multiplo attraverso uno screening completo neurocognitivo dove poter accertare l’esistenza o meno della concussione cerebrale”.

La decisione del ritorno in campo degli atleti deve essere basata su più metodi e aprocci: sicuramente valutare il loro quadro clinico, eseguire test neuropsicologici, sottoporli a risonanza magnetica spettroscopica, provare anche il test dell’equilibrio; tutti questi ci guideranno poi a far tornare in campo senza rischi per l’atleta atleta.


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